Pepito. Il principe del jazz by Marco Molendini

Pepito. Il principe del jazz by Marco Molendini

autore:Marco Molendini [Molendini, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Music, Genres & Styles, jazz
ISBN: 9788833894225
Google: 5UZ0EAAAQBAJ
Amazon: B0B3NHG24C
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2022-06-10T15:17:48+00:00


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CRISTALLI IN FRANTUMI

Il club da aprire si materializza all’improvviso nel pieno cuore di Roma, in una buia traversa di Campo de’ Fiori, una volta popolata di artigiani fabbricanti di cappelli e dove, a fine Seicento, era nato Metastasio: ancora in quel 1970 non è consigliabile attraversarla tutta a piedi, via dei Cappellari, perché scippi e furti sono routine quotidiana. Al numero 74 c’è una porta che si apre su un piccolo budello a livello della strada; poi una scala porta nel seminterrato, in una sala quadrata bianca, abbastanza spaziosa, divisa a metà da un paio di archi.

Pepito si butta senza alcuna voglia di perdere tempo e ha già pronto il nome del locale: Blue Note, come la celebre cave parigina che il leggendario Bud Powell aveva scelto come sua residenza europea. Non sta nella pelle, non gli interessa che la gestione uscente, come night, abbia avuto dei problemi, e che non sarà facile avere i permessi. L’escamotage di usare la formula dell’associazione culturale con Giovanni Tommaso presidente e me nel ruolo di segretario offre la base legale per aprire. Ma quello che manca è la licenza per i superalcolici, e pensare di ottenerla con l’ok del commissariato è una chimera. A pesare sono non solo i precedenti dei Cappellari e del locale, ma anche quelli di Pepito, vale a dire la maledizione dell’arresto del ’56. In più c’è il fatto in sé di essere un luogo destinato a una musica considerata tutt’altro che rassicurante.

«Me so’ stancato, questi me stanno a fa diventà matto. Mo’ se apre, nun me frega niente», decide a un certo punto Pepito, dopo aver ripetutamente sbattuto la testa contro il muro di gomma delle autorità. A fare a meno di whisky e compagnia alcolica non ci pensa proprio. Un club di jazz non è immaginabile che possa andare avanti distribuendo succhi di frutta. Tanto vale affidarsi al destino e a un po’ di improvvisazione: o la va o la spacca. A far arrivare i liquori ci pensa il bar all’angolo, su via del Pellegrino. Tutti i clienti conoscono la situazione e accettano la procedura complicata, vale a dire che le loro richieste, sottoposte a un doppio passaggio, abbiano tempi lunghi per essere soddisfatte. Del bar me ne occupo io: prendo le ordinazioni, preparo le bevande, a domanda aggiungo il carburante che scende le scale in bicchieri di plastica. Sembra di essere ai tempi del proibizionismo.

Comunque il Blue Note va, con un calendario robusto e ambizioso messo insieme grazie agli uffici di Alberto Alberti, altra figura leggendaria del jazz, ex calciatore, amante delle donne e di ogni tipo di eccesso, discografico, affabulatore, simpaticissimo azzeccagarbugli e appassionato batterista.74 Un impresario sui generis: disposto a portare in giro solo i musicisti che suonano il jazz che piace a lui. Con loro stabilisce un rapporto unico: diventano automaticamente i migliori del mondo. Quando ha delle perplessità le esterna, magari sussurrandotele all’orecchio con la voce un po’ impastata dopo svariati bicchierini, preferibilmente di whisky.

Per l’inaugurazione del Blue Note prospetta un’occasione unica:



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